Lo scorso aprile si è svolta una retata in 82 province di tutta la Turchia che ha portato all’arresto di ben 3.224 persone, di cui 1.120 considerate vicine alla presunta rete golpista di Fethullah Gulen, l’imam accusato dal governo del fallito golpe del luglio 2016. Circa 9.000 poliziotti turchi sono stati sospesi dall’incarico, anche loro – a quanto riferisce la Cnn turca – perché sospettati di legami con la rete di Gulen. Istanbul è la città con più sospensioni, pari a 3500, mentre 1250 sarebbero i sospesi a Ankara. L’ennesima operazione contro i supposti gulenisti ha fatto salire il numero delle persone imprigionate – tra le quali centinaia di giornalisti, magistrati, avvocati e docenti universitari – nei nove mesi di stato d’emergenza a 47.000 e i licenziati, per la stessa ragione, sono più di 100.000. Allo stato attuale, sono 86 i sindaci del Partito Democratico dei Popoli (HDP) e 9.000 i militanti dello stesso arrestati con l’accusa ufficiale di avere relazioni con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK).
E’ bene ricordare che la Turchia è membro della Nato, del Consiglio d’Europa dal 13 aprile 1950 e Paese ancora candidato ad aderire all’Unione europea.
Per questo ho presentato una risoluzione, a firma di tutta la Commissione Affari esteri M5S, in cui chiediamo al Governo italiano di impegnarsi a chiedere una unitaria e incisiva iniziativa dell’Unione Europea nei confronti delle autorità turche, affinché vengano ripristinati lo stato di diritto e le libertà fondamentali, a cominciare dalla liberazione dei prigionieri politici arrestati. Inoltre, chiediamo di condizionare il proseguimento del processo di associazione all’Unione europea della Turchia al rispetto dei diritti umani e a quelli delle minoranze e a riprendere il dialogo inopinatamente interrotto sulla questione curda, al fine di arrivare a una soluzione pacifica e condivisa che porti a una Turchia inclusiva e democratica.
Qui il testo: https://goo.gl/3bk3P1
Maria Edera Spadoni