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Oggi ricordiamo la prematura scomparsa, ventiquattro anni fa, di una giovanissima testimone giustizia. Rita Atria, ancora minorenne, il 26 luglio 1992 decise di togliersi la vita dopo che la mafia, con la strage di via D’Amelio, uccise il giudice Paolo Borsellino a cui era legata proprio come ad un padre. Borsellino fu il primo a raccogliere la testimonianza della piccola Rita, figlia del boss di Partanna. Rita Atria perse il padre e il fratello -entrambi assassinati nella guerra fra cosche rivali- e grazie alle sue rivelazioni e quelle della cognata Piera Aiello numerosi mafiosi furono arrestati. Rita Atria fu ripudiata dalla famiglia e dagli amici; non solo, ma la madre colpì a martellate l’immagine della figlia sulla tomba. Siamo fermamente convinti che i testimoni di giustizia debbano assolutamente essere protetti dallo Stato: come rappresentanti nelle istituzioni, abbiamo il dovere e il compito di incoraggiare e proteggere chi denuncia. La lotta alla mafia deve essere una lotta trasversale. Per questo siamo a chiedere che la proposta di legge di riforma del sistema tutorio per i testimoni di giustizia inizi quanto prima il proprio iter legislativo.