Il 26 ottobre, nel corso del question time 3-02584 a prima firma Di Stefano relativo all’effettiva autorizzazione del transito e dell’esportazione di armamenti dall’Italia verso l’Arabia Saudita, il Ministro Gentiloni ha replicato che l’Arabia Saudita non è oggetto di alcuna forma di embargo, sanzione o restrizione internazionale nel settore delle vendite di armamenti e che “Naturalmente, ove in sede Nazioni Unite o Unione europea fossero accertate eventuali violazioni, l’Italia si adeguerebbe immediatamente a prescrizioni o divieti”. L’Arabia Saudita, però, è impegnata da oltre 19 mesi in una campagna di bombardamenti in Yemen contro i civili che, secondo stime ONU, ha causato finora quasi 7 mila morti, oltre 35 mila feriti e almeno 3 milioni di sfollati.
Secondo Amnesty International e Human Rights Watch, l’Arabia Saudita commette “gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani” all’estero e all’interno del Paese e sfrutta la propria posizione all’interno del Consiglio dei diritti umani per ostacolare efficacemente la ricerca della giustizia per i possibili crimini di guerra nello Yemen.
Ai sensi dell’art. 1, comma 6 della legge 9 luglio 1990, n. 185 l’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato, verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione, verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani.
Altro dato importante: sono triplicate tutte le esportazioni di armamenti nell’ultimo anno, passate da 2,9 miliardi nel 2014 a oltre 8,2 miliardi di euro nel 2015; questa cifra comprende sia le esportazioni per programmi di cooperazione intergovernativa, armi esportate a Paesi dell’Unione europea o della NATO, sia le autorizzazioni all’esportazione di sistemi militari ad altri Paesi, che hanno raggiunto i 4,7 miliardi, tra cui anche l’Arabia Saudita.
Durante l’audizione del 9 novembre 2016, presso il Comitato permanente sull’attuazione dell’agenda 2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile della Commissione Affari esteri, il Vice Ministro Mario Giro ha sostenuto che “non si possono vendere armi ai paesi in guerra”.
Nella legge di bilancio 2017, la cooperazione italiana allo sviluppo ha subìto un taglio di 36 milioni di euro, senza alcuna comunicazione al Vice Ministro, il quale ha poi dichiarato nell’articolo apparso il 7 novembre su Info-cooperazione.it: “Aumento dei fondi per la cooperazione a rischio. Duro attacco del VM Giro ai burocrati del MAECI” di non essere stato avvertito del citato taglio ai fondi alla cooperazione.
La delibera del Maeci n.1845 del 22 febbraio 2016, che ha disposto il finanziamento dell’iniziativa di emergenza in Yemen e nei paesi limitrofi per un importo non superiore a 1.500.000 di euro, palesa la necessità di rispondere alla crisi umanitaria considerato lo stato di emergenza determinato dalle violenze in corso.
Per questo ho presentato un’interrogazione in Commissione Affari esteri, a firma di tutta la Commissione M5S, per sapere se il Ministro Gentiloni non ritenga necessario e opportuno dialogare con il responsabile designato della cooperazione italiana allo sviluppo, Mario Giro, in merito all’allocazione delle risorse da destinare al settore. Inoltre chiediamo come intenda sanare l’evidente contrasto tra la politica italiana di export di armi verso Paesi in guerra, o che commettono gravi violazioni dei diritti umani nei confronti di civili, e la politica di finanziamento delle agenzie ONU come l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) per crisi umanitarie causate anche dalla stessa vendita di armi italiane.
Qui il testo: https://goo.gl/1HZXwA
Maria Edera Spadoni