Intervento della Vice Presidente Maria Edera Spadoni alla presenteazione del Rapporto ASviS – Camera dei deputati, Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari,4 ottobre 2018

L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile

Sono particolarmente lieta di portare il saluto della Camera dei deputati a questo importante appuntamento, la presentazione del rapporto annuale dell’ASviS dedicato all’”Italia e gli obiettivi di Sviluppo sostenibile”, che spero possa diventare una vera e propria consuetudine di scambi e di confronto.

Sono grata ai promotori dell’iniziativa, il dott. Stefanini, presidente dell’ASviS ed il prof. Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza, che illustreranno le linee-guida del nuovo Rapporto e ringrazio il ministro Giovanni Tria che partecipa a questa presentazione nonostante un’agenda di impegni che immaginiamo particolarmente fitta ed intensa in questo momento. Desidero altresì ringraziare le personalità che prenderanno parte alla tavola rotonda, animata dalla dott.ssa Maria Latella.

Nel 2015, l’Italia, insieme ad altri 192 Stati, ha sottoscritto questo documento che si propone di realizzare 17 obiettivi di sviluppo sostenibile tracciati nell’Agenda 2030.Il Rapporto annuale rappresenta oggi uno strumento unico per analizzare l’avanzamento del nostro Paese verso i diciassette Obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e definire gli ambiti nei quali bisogna intervenire per assicurare la sostenibilità economica, sociale e ambientale del modello di sviluppo italiano.

Ritengo che la novità e la forza straordinarie dell’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile 2030 risiedano propria nell’universalità del suo approccio, in grado di unire in un unico impianto programmatico: crescita economica, sostenibilità ambientale, inclusione sociale, indicando conseguentemente ad ogni Paese la necessità di ripensare il proprio modello di sviluppo, rendendolo più equo e più responsabile nei confronti dell’ambiente e delle generazioni future.

Un nuovo modello di sviluppo quindi non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale, la grande ambizione sottesa ai diciassette Obiettivi di sviluppo, infatti, è quella di uscire dal perimetro ristretto della politica di aiuti ai paesi più poveri – che caratterizzava i documenti programmatici delle Nazioni Unite dei decenni passati – per volersi affermare come sfida per tutti, capace di interrogare e mettere in discussione le politiche di sviluppo dei paesi ricchi quanto di quelli poveri.

Dobbiamo infatti essere consapevoli che la progressiva carenza di risorse energetiche, l’ulteriore impoverimento di larghe fasce della popolazione, la negazione dei diritti, i disastri climatici, le diseguaglianze e la precarietà mettono a repentaglio la coesione sociale e le stesse regole della convivenza civile e democratica.

Occorre purtroppo riconoscere che l’Italia si presenta all’appuntamento con le sfide dello sviluppo sostenibile con ritardi ed inadeguatezze: oggi scontiamo la carenza di coerenti strumenti legislativi in materia di consumo del suolo, gestione delle risorse idriche e di strategie di lungo periodo (nei campi dell’energia, dell’economia circolare e della lotta ai cambiamenti climatici), cruciali per il futuro del Paese.

Quest’anno il Rapporto 2018, oltre all’aggiornamento degli indicatori europei e nazionali per i singoli SDGs, presenta innovativi indicatori compositi regionali che consentono di confrontare la situazione di ciascuna regione rispetto al quadro nazionale e proposte concrete per attuare politiche che, simultaneamente, riducano le disuguaglianze, migliorino le condizioni di vita della popolazione e la qualità dell’ambiente in cui viviamo. I diversi scenari calcolati per l’Italia al 2030 indicano che l’adozione di politiche business as usual non permetterà di migliorare in modo significativo il benessere, l’equità e la sostenibilità della condizione italiana, che, anzi, potrebbe peggiorare il proprio posizionamento rispetto ai partner europei.

Nel Documento di economia e finanza per il 2108 sono stati indicati per la prima volta gli andamenti di tutti i dodici indicatori che confermano un quadro non confortante per il nostro Paese rispetto all’Agenda 2030. Si registra un deciso miglioramento in cinque indicatori (tra questi: reddito pro capite, numero disoccupati o inattivi, occupazione femminile, criminalità accompagnato tuttavia da un arretramento nei rimanenti sette, tra cui quelli relativi alle diseguaglianze, all’abbandono scolastico, alle emissioni di CO2 e al consumo di suolo).

E’ però maturata in questi anni nella coscienza civile del nostro Paese – e soprattutto nelle nuove generazioni – la consapevolezza di trovare un nuovo modello di crescita, che non si fonda sulla sistematica distruzione delle risorse naturali, la devastazione degli ecosistemi, la spoliazione dei paesi e delle società più svantaggiate.

Sono rimasta particolarmente colpita dalla grande campagna di mobilitazione e di sensibilizzazione promossa dall’ASviS con il Festival dello Sviluppo Sostenibile, che hanno richiamato l’attenzione di migliaia di giovani sulle grandi tematiche che caratterizzano l’Agenda 2030, dall’educazione alla finanza per lo sviluppo sostenibile, agli strumenti per il disegno e la valutazione delle politiche alle modifiche degli assetti istituzionali per favorire le politiche per lo sviluppo sostenibile.

Questa mobilitazione ci fa capire che esiste una vasta area della società italiana che oggi è disposta a impegnarsi per un’Italia diversa”, per rendere lo sviluppo sostenibile una priorità politica e sociale nell’agenda politica nazionale, cogliendone le opportunità connesse al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo. Sviluppo sostenibile che deve guardare con preoccupazione e cercare di ridurre le inaccettabili diseguaglianze tra le varie fasce della popolazione e tra le varie aree del mondo, cercando di garantire a tutti un lavoro e risorse adeguate per una vita dignitosa.

Questo significa anche che la competizione sui mercati internazionali non può avvenire abbassando il costo del lavoro e le tutele sociali, bisogna assicurare il diritto di tutti all’acqua e ai servizi igienico-sanitari, e lasciatemi ricordare come donna, significa perseguire una effettiva eguaglianza di genere auspicata dall’Obiettivo n. 5 dell’Agenda 2030, perché come si dice nel documento “la parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma la condizione necessaria per un mondo prospero, sostenibile e in pace.

Sono certa che il Parlamento saprà giocare un ruolo cruciale nell’attuazione da parte del nostro Paese dell’Agenda 2030.

Un esempio virtuoso in questa direzione è stato costituito, nella passata legislatura, dall’attività del Comitato permanente della Commissione Affari esteri sull’attuazione dell’Agenda 2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile, che ho avuto l’onore di presiedere e che ha permesso alle forze parlamentari di confrontarsi con la rilevanza strategica e le connesse ricadute politico-istituzionali dell’attuazione degli Obiettivi di Sviluppo per una società ad economia avanzata come quella italiana.

Non è un caso che la Commissione Affari esteri abbia inteso proseguire in questa direzione, deliberando recentemente l’avvio di un’indagine sul ruolo del nostro Paese nel processo di attuazione degli Obiettivi di Sviluppo sostenibile.

Molto lavoro c’è da fare anche sul versante dell’adeguamento della base statistica e conoscitiva a disposizione delle istituzioni in materia di raggiungimenti degli obiettivi dell’Agenda globale: grazie alla legge n. 163 del 2016, il nostro Paese è infatti il primo che, collegando gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) alla programmazione economica e di bilancio, li rende parte essenziale nella fase di formazione come in quella di valutazione delle politiche pubbliche.

Il Parlamento, avvalendosi pienamente delle potenzialità offerte da questi indicatori, saprà considerare l’Agenda 2030, nelle sue varie declinazioni, quale dimensione necessaria dell’attività legislativa.

Sono altresì convinta che l’attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile non possa non avere riflessi sulla politica estera del nostro Paese: penso all’esigenza di garantire il rispetto degli Accordi di Parigi per la lotta ai cambiamenti climatici ed all’esigenza di ratificare al più presto le convenzioni e i protocolli internazionali già firmati dall’Italia e di realizzarli come quello di Istanbul, ad esempio, contro la violenza sulle donne.

Dobbiamo essere consapevoli però che nessun intervento pubblico potrà da solo conseguire gli Obiettivi dell’Agenda 2030 se non sarà sostenuto da un profondo mutamento culturale che incida sulle scelte del sistema produttivo, dei consumatori e di tutti gli attori economici e sociali, al servizio del quale l’ASviS sta svolgendo un’azione preziosa e insostituibile, soprattutto nel cercare di informare i cittadini degli obiettivi di sviluppo sostenibile coinvolgendoli nei processi per metterli in atto.

Non si può pensare infatti di cambiare modelli di produzione, consumo e comportamento senza attivare adeguati meccanismi di democrazia partecipativa, coinvolgendo soprattutto la società civile, che con le sue tante Associazioni può essere un valido aiuto, sia per promuovere gli obiettivi, sia per attuarli.

Nel mio ruolo di Vice Presidente della Camera sono fermamente convinta che il Parlamento deve essere luogo dove pensare a realizzare tramite un percorso legislativo questi obiettivi che possono cambiare profondamente in meglio la vita del nostro Paese, ma sono anche consapevole che non si può cambiare stile di vita con una legge, ma occorre un profondo rinnovamento culturale che dia nuove basi al nostro vivere sociale.

Vi ringrazio dell’attenzione e lascio la parola ai relatori.

 

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