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Oggi, 25 novembre, è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

 

Riporto con l’occasione un fatto concreto, non le solite parole di circostanza, per ricordare nel migliore dei modi questa giornata. Si tratta di una GRANDE VITTORIA: l’esenzione del ticket sanitario in tutto il Piemonte per le donne vittime di violenza. E’ quanto prevede una mozione a 5 STELLE sottoscritta da tutti i gruppi consiliari ed approvata ieri all’unanimità dal Consiglio regionale del Piemonte.

Finalmente la politica piemontese ha dato un forte segnale di attenzione nei confronti delle donne che subiscono violenze. Le azioni di contrasto alla violenza sono prioritarie per la società civile e il sostegno alle vittime non può essere solo formale e di facciata.

Qualche dato:

Quasi 1 donna su 3 tra i 16 e i 70 anni ha subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale (quasi 7 milioni di donne). La violenza sessuale si risconta nel 20% delle donne. I partner attuali, o ex, commettono le violenze più gravi. Sei stupri su dieci vengono commessi da un partner attuale o precedente. Una donna su 10 ha subìto violenze prima dei 16 anni.

Questi sono i dati Istat per l’anno 2014 >>http://www.istat.it/it/archivio/161716

La ricerca di Intervita nell’anno 2013 ha stimato il costo economico e sociale della violenza sulle donne in quasi 17 miliardi, dei quali 2.3 in costi monetari diretti relativi ai servizi (costi sanitari, sociali, giudiziari, ecc) e alla mancata produttività, e oltre 14 miliardi in costi non monetari in termini di costi umani, emotivi ed esistenziali.

Il Movimento 5 Stelle conferma ancora una volta di essere contro qualsiasi forma di commemorazione. Ma è un’occasione per fare il punto della situazione.

Sono passati due anni dall’approvazione del decreto sul “femminicidio” ( Legge 15 ottobre 2013, n. 119) e il Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere è stato finalmente  adottato (7 luglio 2015). Prossimo step sarà stabilire i compiti, il funzionamento e la composizione dell’Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza e la Banca dati nazionale dedicata al fenomeno della violenza.

In Consiglio d’Europa sto portando avanti un’indagine proprio sulla raccolta dati e proprio con la prospettiva di esporre l’importanza e i vantaggi che la raccolta comporterebbe. Spesso, in molti paesi, risulta ancora molto complicato definire lo stesso concetto di violenza contro le donne. La terminologia è importante perché chiaramente si riflette anche sulla normativa legislativa.Nel nostro caso, nel caso italiano, il fattore mancante essenziale è la relazione tra autore e vittima. Nella raccolta dati questo viene a mancare e dovrebbe essere inserito per una determinata lista di reati, modificando il software esistente. La relazione ovunque, a qualsiasi livello, non esiste. L’obiettivo principale non è, quindi, solo avere una banca dati unica, ormai in arrivo con il Piano d’azione, ma giungere ad un sistema integrato ed EFFICACE.

Bisogna creare le ‘condizioni strutturali’ per favorire l’occupazione femminile, come gli asili per far partecipare le donne al mercato del lavoro. L’Italia è oggi, dopo Malta, il paese con i più bassi livelli di occupazione femminile di tutta l’Unione europea. Se andiamo poi ad analizzare i fondi della legge 119/2013 per il biennio 2013-2014 che le regioni hanno erogato a favore di centri antiviolenza e case rifugio ne risulta un quadro parziale e disomogeneo. Da una mappa realizzata da Action Aid possiamo vedere che solo per 10 amministrazioni è possibile consultare la lista delle strutture beneficiarie dei fondi. Di queste, 5 regioni – Veneto, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Puglia – hanno pubblicato online i nomi di ciascuna struttura e i fondi ricevuti.  L’analisi dei dati raccolti mostra la diversità di scelte adottate dalle varie amministrazioni. Ad esempio si rileva che il finanziamento medio per centro antiviolenza e casa rifugio varia molto da regione a regione: circa 60mila euro in Piemonte, 30mila in Veneto e Sardegna, 12mila in Puglia, 8mila in Sicilia, 12mila nelle ex province di Firenze e Pistoia, 6mila in Abruzzo e Valle d’Aosta. Strategie disomogenee possono inasprire o creare disparità territoriali.

Va detto, poi, che i fondi previsti per il 2015 ancora non risultano essere stati erogati. È inoltre necessario prevedere una mappatura accurata dei centri antiviolenza e dei fondi adeguati per il loro funzionamento, alla luce dei dati contradditori rispetto alle strutture presenti nelle varie regioni e della disomogeneità delle risorse assegnate nei vari territori. E bisogna assicurare che tutti gli atti e tutti i dati siano facilmente reperibili online sia sul sito delle regioni sia su quello del dipartimento pari opportunità e pubblicati in formato accessibile. La trasparenza è un presupposto fondamentale.

I punti fondamentali da cui partire concretamente sono tre:

  • definizione di violenza di genere,
  • inserimento nella raccolta dati della relazione autore – vittima,
  • indipendenza economica.

Senza una comune e condivisa definizione di violenza di genere, senza inserire nelle statistiche un fattore importante come la tipologia di rapporto tra la vittima e l’autore della violenza (marito/fidanzato/collega/datore di lavoro ecc), senza dare una via d’uscita lavorativa e totale indipendenza economica alle donne vittime(reinserimento/agevolazioni alle imprese), non si avranno progressi.

 

Maria Edera Spadoni